lunedì 6 settembre 2021

Gringos di Clara Nieto

 

I nostri libri scolastici si soffermano appena sulla storia degli altri continenti, anche perché non ci sarebbe il tempo di approfondire le vicende di tutte le nazioni del mondo. Per fortuna, per chi è interessato, esistono molti altri libri che raccontano quello che ci siamo persi.

Gringos è un volume giustamente corposo che mette ordine nella complicata e turbolenta storia dell’America latina dagli anni Cinquanta ai primi Duemila. Il resoconto di Clara Nieto è preciso e imparziale, mette semplicemente a confronto le dichiarazioni dei vari politi coinvolti con le loro azioni, le parole e i fatti di cronaca. Riporta la storia attraverso diversi occhi e diverse fonti: giornalisti di varie fazioni, rapporti ufficiali, articoli apparsi sui quotidiani dell'epoca, interviste, relazioni delle discussioni all’ONU, testimonianze, documenti de-secretati negli anni successivi.

Quella dell'America Latina è una storia di dittature sanguinarie che l'autrice descrive anche nei dettagli più raccapriccianti: diritti umani calpestati, crimini impuniti, disperazione e ribellione, bugie e complotti, sviluppo economico e sociale negato e osteggiato in nome degli interessi degli Stati Uniti. Pagina dopo pagina mi sorprendevo della crudeltà dell’uomo nel considerare mezzo continente solo una terra da depredare e un insieme di popolazioni da sfruttare senza alcun ritegno e mi sono resa conto che con il passare dei decenni, dei presidenti, dei partiti, nulla cambiasse nella visione degli Stati Uniti verso verso il cono sud del loro continente. Per quanto la percezione che ne avevamo da questa parte dell'oceano fosse - e sia ancora oggi - diversa a seconda di come le informazioni ci venivano presentate o nascoste, trovo incredibile come il resto del mondo fingesse di non accorgersi di ciò che accadeva davvero ai cittadini, limitandosi a credere a quello che raccontavano i politici. Per quanto riguarda le nazioni europee, immagino che non si siano mai schierate contro gli Stati Uniti, non tanto per timore di ritorsioni, quanto per la consapevolezza di essersi comportate allo stesso modo con l'Africa e sarebbe stato ipocrita accusarli degli stessi crimini e delle stesse scorrettezze.

Certi dittatori, saliti al potere con il supporto della CIA, diventavano poi talmente avidi e ubriachi di potere che nemmeno gli Stati Uniti riuscivano più a destituirli, pur ricorrendo al solito giochetto di accusarli di comunismo durante la Guerra Fredda. I loro stessi burattini gli si rivoltavano contro e dovevano spendere milioni e milioni di dollari per armare i rivoluzionari, progettare attentati e colpi di stato, corrompere i nuovi politici, comprare voti per pilotare le elezioni e poi spenderne altri per sedare le rivolte da loro stessi fomentate. 

Grazie a questo libro ho capito cosa è successo, ma continua a sfuggirmi il senso. Non ha nessuna logica economica spendere in complotti, armi e corruzione enormemente di più di quanto si guadagni dallo sfruttamento delle risorse e dei lavoratori, quindi deve essere solo un gioco di potere, solo fare i bulli con le nazioni più deboli. Continuo a non capire in che modo sostenere delle dittature che sterminano e affamano i popoli sarebbe più vantaggioso che commerciare con stati alleati, è una politica che a lungo termine non porta guadagni e diventa anzi più costosa perché è naturale e prevedibile che dopo un po’ i cittadini si ribellino. Se solo ogni nazione potesse scambiare le proprie ricchezze con quelle altrui in un mercato equo, quanto benessere raggiungerebbe le persone lasciate sempre per ultime.

Le nazioni del centro e sud America non hanno avuto la possibilità di scrivere la propria storia, di perseguire il proprio sviluppo, il proprio successo o fallimento perché tutto doveva andare come decideva Washington; mi fanno pensare a bambini mai cresciuti perché ostaggio di un tutore despota che non aveva con loro nemmeno un legame di sangue. A ogni capitolo mi domandavo come sarebbe andata la storia se solo una delle decisioni politiche degli Stati Uniti fosse stata respinta, se l'ONU si fosse opposta a certe azioni che violavano palesemente la sovranità degli altri popoli. Sono guerre di parole, dicevano “intervento” anziché “invasione” e tutto andava a posto perché seppure il mondo intero si proclamasse "indignato" e deplorasse pubblicamente la politica estera degli Stati Uniti, di fatto nessuno ha difeso o supportato l'America Latina.

Quindi questo è un libro da leggere assolutamente, non solo per conoscere la storia del Sudamerica, ma il funzionamento della politica in tutto il mondo perché il giochetto del colonialismo è lo stesso ancora oggi, anche se gli diamo altri nomi. Per quanto le 513 pagine possano scoraggiare, vi assicuro che la lettura è talmente interessante che scorreranno sotto i vostri occhi come un film facendovi appassionare, arrabbiare, spaventare, riflettere. Dobbiamo conoscere il mondo in cui viviamo e Clara Nieto ha allargato moltissimo il mio orizzonte


lunedì 30 agosto 2021

Allora sei scemo

Vi ricordate che prima di Internet pensavamo che la causa della stupidità collettiva fosse il difficile accesso alle informazioni?

Be', evidentemente non era quella.

lunedì 16 agosto 2021

Le cose belle sono troppo piccole

 Io vorrei scrivere di cose belle,  ma  faccio fatica a trovarne. O perlomeno sembrano piccole rispetto all'enormità di quelle brutte.

Mi trovo davanti un terremoto che ha sbriciolato Haiti, una delle nazioni più povere del mondo.

Vedo cittadini afghani che si aggrappano agli aerei dei fortunati stranieri in fuga e donne disperate perché consapevoli che verranno  private dei pochi diritti conquistati negli ultimi anni, gente che sta per morire e lo sa.

Osservo impotente migliaia di ettari di boschi consumati dalle fiamme e animali arsi vivi, la bella Italia che diventa un deserto di cenere.

Si dice sempre "il peggio è passato", ma a guardarmi intorno mi chiedo se invece non sia il meglio a essere ormai passato.

domenica 16 maggio 2021

L'ingenua #2

Perché i boss della criminalità organizzata amano ostentare devozione alla Chiesa e ai Santi, mentre infrangono tutti i Comandamenti e si macchiano dei peggiori peccati?

lunedì 3 maggio 2021

Filosofia dell'opportunità

Penelope, da grande, vuole fare l'astronauta cantante.

Le bambine sanno di poter diventare chiunque desiderano, ma poi accade qualcosa lungo la strada verso l'età adulta che spegne le loro ambizioni, a un certo punto quella strada prosegue solo per i maschi, mentre è sbarrata per le femmine. Come si rimuove quella barriera?

Perché si ottengano davvero pari opportunità bisogna combattere la cultura del maschi e femmine separati, con percorsi predefiniti, con scelte obbligate e occasioni precluse, o peggio del maschi contro femmine, per arrivare a maschi e femmine insieme, secondo le personali inclinazioni e talenti, indipendentemente dal genere. Per farlo, è necessario mescolare gli ambienti di studio e di lavoro, abituare ragazzi e ragazze a collaborare agli stessi progetti e vedersi negli stessi ruoli perché diventi normale aspirare alla stessa posizione o condividerla.

In alcuni campi sono sempre mancati i modelli di riferimento e non è da tutte essere pioniere in una disciplina o un mestiere storicamente dominati da uomini. Oggi, però, cominciamo ad osservare piccoli cambiamenti grazie alle donne che sono riuscite a dimostrare il proprio valore e a portare il proprio contributo in quegli ambiti. Possiamo elencare tante donne importanti e celebri, ma quando penso a modelli e opportunità, mi torna in mente un ricordo banale eppure emblematico: quando nel 2000 uscì la prima serie di CSI, quella originale ambientata a Las Vegas prima che ne nascessero infiniti spin-off, mi ci appassionai molto perché amo il genere poliziesco e lessi un'intervista a Marg Helgenberger che interpretava Catherine Willows, be' l'attrice raccontò con orgoglio che il suo personaggio aveva ispirato tante ragazze, spingendole a studiare materie scientifiche un tempo scelte solo dai maschi e ad aspirare a carriere in un campo mai considerato prima. Sembra una sciocchezza, ma dimostra che è proprio il pensiero delle donne a dover cambiare per primo e aprirsi a immagini di sé in ruoli nuovi.

La chiave sta nell'educazione, sia in famiglia che a scuola che sui media. L'educazione porta alla fiducia nelle proprie capacità, l'istruzione porta alla consapevolezza dei propri talenti e dei propri limiti nelle diverse materie così che si possa scegliere la strada che più ci appassiona e per la quale siamo più portati. Poi l'impegno porta alla competenza nel campo prescelto e, a quel punto, per raggiungere il successo manca solo l'occasione giusta. Pari opportunità secondo me significa competere alla pari perché tutti hanno la stessa opportunità di studiare, di fare carriera, di realizzare le proprie aspirazioni. Poi ci sarà sempre chi riesce meglio e chi fallisce, chi rinuncia e chi ha successo, chi cambia idea e chi si accontenta, ma indipendentemente da come vada a finire è giusto che tutti abbiano un'opportunità.

In fondo, la diversità di caratteristiche, di punti di vista, di approccio ai problemi, è una ricchezza che porta all'evoluzione per cui una maggiore inclusione allarga qualunque orizzonte, mentre escludere porta a un impoverimento di idee e a uno spreco di potenzialità. E questa "filosofia" di inclusione e opportunità non dovrebbe fermarsi alle donne, ma applicarsi anche agli altri tipi di discriminazione che siano età, etnia, religione... Pensate, per esempio, al reddito: chi nasce in un paese povero non ha certo le stesse opportunità di studio e di lavoro di chi si trova in un paese ricco e industrializzato, ma magari in un villaggio sperduto dell'Africa o dell'Asia è appena nato un piccolo Einstein e il mondo non godrà del suo genio solo perché non avrà accesso alle stesse risorse e agli stessi diritti di un piccolo imbecille nato in Svezia. Pari opportunità portano a "che vinca il migliore", non il più fortunato o il più ricco o il cugino del più potente.

Meno barriere e pregiudizi, più astronaute cantanti.



domenica 25 aprile 2021

L'ingenua #1

Sono consapevole che la mia logica di persona semplice non sia applicabile alla complessa realtà in cui viviamo, ma spesso mi pongo domande, più o meno importanti, che nella mia testa hanno perfettamente senso eppure non ottengono una risposta accettabile, una risposta che mi spieghi in modo convincente certi paradossi. Poiché ho diverse di queste domande, inauguro una serie di post sul mio ingenuo modo di ragionare, sperando che qualcuno mi illumini o, perlomeno, ci rifletta sentendosi ingenuo come me. Ecco la prima.

Perché le diverse associazioni che perseguono lo stesso obiettivo non si uniscono?

Secondo me, se esistesse un'unica associazione nazionale (se non mondiale, ma forse è troppo ambizioso) per ogni causa avrebbe maggior peso politico potendo contare sull'appoggio di tutti quei sostenitori che oggi sono suddivisi in centinaia di associazioni simili. Per esempio, raccoglierebbe milioni di firme per una petizione, organizzerebbe manifestazioni con centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo a far pressione sui governi, avrebbe a disposizione fondi enormemente più consistenti riunendo le donazioni per finanziare progetti e campagne. Sarebbe più forte un'unica grande associazione che si occupi dei bambini in difficoltà, un'unica grande associazione per i diritti delle minoranze, un'unica grande associazione per la salvaguardia dell'ambiente, un'unica grande associazione contro la violenza sulle donne, un'unica grande associazione per la difesa degli animali, e così via. Se tutte le persone che vogliono donare dieci euro a una causa che sta loro a cuore non dovessero scegliere tra centinaia di piccole associazioni simili, ma potessero destinarli all'unica grande associazione impegnata in quella causa, questa avrebbe a disposizione molti più fondi per realizzare quel progetto o raggiungere quell'obiettivo. Invece, non solo la beneficienza finisce frammentata perdendo valore, ma le associazioni stesse giocano a chi sputa più lontano con le loro piccole risorse, vincendo piccole battaglie in tempi lunghissimi, a scapito del nobile scopo che dovrebbero perseguire. Ma questo, come dicevo, è solo il mio ingenuo punto di vista.


domenica 18 aprile 2021

Responsabilità

Il 22 aprile è la Giornata della Terra istituita per porre l'attenzione sui problemi ambientali del nostro pianeta che, se vi guardate intorno nello spazio, è il più bello di tutti e già soltanto per questo dovremmo averne cura.

Sull'ultimo numero di National Geographic ho trovato una frase che riassume il mio pensiero sulla questione:

A risolvere la crisi ambientale non basteranno da sole né le auto elettriche né le rinnovabili. Le innovazioni tecnologiche sono una parte della soluzione, l'altra siamo noi, i nostri comportamenti e le nostre scelte.

Proprio qui, sul nostro stile di vita, inciampano tutti i buoni propositi per la salvaguardia dell'ambiente. A chiunque dispiace vedere in tv l'orso polare disperato per lo scioglimento della banchisa o le foreste in fiamme, ma non ne sente la responsabilità perché non è lui ad appiccare il fuoco in Amazzonia o a gettare bottiglie di plastica in mare. Non è ancora chiaro a tutti che a innescare un disastro dall'altra parte del mondo non è la mano del contadino che regge il fiammifero, bensì la nostra mano che prende il prodotto sbagliato dallo scaffale del supermercato. In fondo, si tratta sempre di soldi: se tutti acquistassimo i prodotti di un'azienda che opera in maniera sostenibile, state certi che per non perdere clienti anche le altre aziende si adeguerebbero e, per una volta, daremmo il via a una reazione a catena positiva. La responsabilità è soprattutto nostra, delle nazioni di consumatori perché siamo noi a sfruttare risorse e lavoratori delle nazioni che non possono permettersi di scegliere perché povere o oppresse da politici che guadagnano dalla nostra ricchezza senza condividerla con la popolazione. Siamo noi a comprare e consumare le foreste, i ghiacciai, gli oceani, i fiumi, il suolo che ci intristisce veder morire in tv.

Non ci piace la plastica in mare e sulle spiagge? Privilegiamo prodotti sfusi o con imballaggi in vetro e cartone. Non ci piace l'acqua inquinata di fiumi e oceani? Scegliamo detersivi biodegradabili. Vogliamo ridurre i livelli di anidride carbonica nell'aria? Riduciamo il consumo di prodotti animali e derivati perché gli allevamenti intensivi producono più inquinamento dell'intero settore dei trasporti e consumano più risorse dell'agricoltura, produrre una bistecca inquina più di una Panda diesel.

Ci sono tante piccole cose che possiamo fare ogni giorno per l'orso polare e per le foreste, sono davvero le nostre scelte individuali a fare la differenza perché siamo diversi miliardi di individui e possiamo facilmente spostare l'ago della bilancia con il nostro comportamento. Non dobbiamo aspettare leggi illuminate, non dobbiamo aspettare particolari tecnologie, non dobbiamo aspettare la Giornata della Terra: possiamo cambiare subito e rendere orgogliose di noi le prossime generazioni che rischiano di ereditare un mondo sporco e arido. La prossima volta che vedrete quelle immagini strazianti in tv, non pensate che non possiamo farci nulla, siamo tutti responsabili e siamo tutti fondamentali per mantenere in salute il pianeta più bello del cosmo.



domenica 11 aprile 2021

Vita da pandemia

In attesa delle vaccinazioni, più di un anno è trascorso così. Un giorno dopo l'altro, dopo l'altro, dopo l'altro...



(Fontanella ripresa in un giardino in Thailandia, 2010)

domenica 28 marzo 2021

Forze della natura

Nell'ultimo post dicevo che stiamo vivendo un tempo immobile, ma in effetti c'è qualcosa che si muove proprio in queste settimane: l'Etna. Mi ricorda che il nostro pianeta è vivo e in costante trasformazione indipendentemente dalle vicende umane. 

Ma torniamo ai vulcani. Mi ricordo che quando con gli altri bambini del cortile ci arrampicavamo sul grande gelso, fingevamo di non poter scendere perché circondati dalla lava e dovevamo stare molto attenti a non cadere. Durante i miei viaggi ho visitato diversi vulcani, ma non l'Etna. 

Nel 2010 ho soggiornato a Samosir, un isolotto al centro della caldera del supervulcano che oggi ha il cratere occupato dal lago Toba. Faceva una certa impressione guardarsi intorno ed essere circondati dalle alte pareti del cratere, era come stare sospesi sopra una bocca spalancata pronta ad inghiottire lago, isola e tutto quello che c'era sopra.

Stromboli
Sono stata in cima a Stromboli e Vulcano nel 2011 durante dieci giorni di vacanza sulle bellissime isole Eolie. Durante la salita a Stromboli, sentivo le esplosioni sull'altro versante che mi rimbombavano nel petto e un miscuglio di paura ed eccitazione mi spingeva sul sentiero. Lungo il percorso, ho osservato una fontana di lava zampillare dal fianco del monte contro le nuvole al tramonto e ricordo il suono sia del potente spruzzo che dei pezzi infuocati che ricadevano a terra. Giunta in vetta che era ormai buio, ho potuto assistere allo spettacolo di fontane di lava alte duecento metri nel cielo notturno.

Kelimutu
Ho visto l'alba sorgere sui tre laghi acidi del vulcano Kelimutu sull'isola di Flores nel 2012. Un luogo dall'atmosfera magica e dai colori intensi, ricco di leggende e frequentato da scaltre scimmiette. Ricordo la natura rigogliosa nelle valli circostanti per il suolo reso fertile dalle passate eruzioni.

Anak Krakatau
Sono salita sull'Anak Krakatau nel 2013, il nuovo monte spuntato dalle acque dello Stretto della Sonda dopo la leggendaria eruzione del Krakatoa del 1883. Quello è stato il coronamento di un sogno perché la storia catastrofica del Krakatoa è sempre stata una delle mie preferite fin da ragazzina. Ce n'è un racconto molto dettagliato nel libro Tsunami di Walter Dudley e Min Lee e in una puntata di Ulisse con tanto di ricostruzione cinematografica del disastro che, grazie alle osservazioni dei testimoni dell'epoca, è stato uno dei primi laboratori di vulcanologia.

Hawaii
Nel 2014 ho camminato sulla crosta di un lago di lava, esplorando il favoloso parco nazionale dei vulcani alle Hawaii. Nell'immaginario comune, le Hawaii sono spiagge bianche frequentate da surfisti, ma per me l'isola più interessante ed emozionante è stata Big Island con i suoi vulcani giganti e distese di lava che si tuffano in mare, tunnel di lava solidificata con le pareti striate di metalli sciolti dal calore e paesaggi fermati nel tempo al momento in cui il vulcano li ha bloccati per sempre sotto una coltre nera.

E tutte le volte che sono stata a Bali mi sono trovata accanto, davanti o dentro un vulcano perché, come ogni isola indonesiana, è nata dai vulcani e vive sia grazie a loro che sotto la loro minaccia.

Ovunque nel mondo, al cospetto di questi monti di fuoco si percepisce davvero il pianeta che respira e si muove sotto i nostri piedi, la natura che si trasforma, i panorami che cambiano forma e colore. Si torna col pensiero ai primordi del pianeta, alle forze preistoriche che hanno modellato i continenti e innalzato catene montuose. Spaventoso, straordinario, bellissimo.

Ma sull'Etna non sono mai stata perché è un mostro di montagna alto più di tremila metri, un'escursione più adatta a un alpinista che a una turista digiuna di sport come me. Insomma, i vulcani mi affascinano da sempre, ma non c'è forza della natura che possa vincere la mia pigrizia.

lunedì 22 marzo 2021

I libri, almeno

Nel tempo immobile del lockdown i giorni sembrano tutti uguali e si susseguono con la sensazione che finiscano nella spazzatura inutilizzati. Le telefonate con gli amici non portano novità, ma rievocazioni nostalgiche di quando le cose accadevano e potevamo raccontarcele. Giorni, settimane e mesi vanno sprecati e la vita che abbiamo davanti sembra sempre più breve, perciò ci perdiamo a fantasticare su come ne sfrutteremo ogni istante, come coglieremo tutte le occasioni, come faremo tutte quelle cose che abbiamo sempre rimandato convinti di averne tutto il tempo, ma anche questo far progetti sta diventando ripetitivo mentre la data in cui potremo realizzarli rimane indefinita e si sposta ora in avanti, ora indietro a seconda dell'andamento della pandemia. Nel frattempo, tutto fermo.

L'unico stimolo che mi tiene accesa la mente in mezzo al poco che abbiamo da dirci è la lettura, l'ultimo numero di National Geographic, ebook e libri. 

Ho appena finito di leggere un ebook che mi sarebbe sicuramente piaciuto se non fosse stato rovinato da una pessima traduzione. Tre secondi a Bogotà di Mark Playne è la storia del viaggio attraverso gli stati del Sudamerica di un ragazzo inglese e della sua fidanzata originaria dell'Ecuador nel 1994. Lui vende gioielli d'argento nei mercatini e lei è un'artista di strada, ballerina, e grazie a questo loro modo di mantenersi conosceranno l'America Latina dal basso, dal punto di vista della gente comune e dei più poveri e dei giovani come loro con i portafogli pieni solo di sogni. Bella anche l'idea di raccontare quei mesi avventurosi partendo da una scena da thriller in cui i due giovani si trovano di notte in un taxi a Bogotà e il tassista ha un coltello puntato alla gola, nei tre secondi in cui il narratore pensa a come uscire da quella spaventosa situazione, ripercorre gli eventi che l'hanno condotto a quel momento. Sarebbe quindi stata una lettura davvero piacevole se il fastidio di una traduzione orrenda non avesse compromesso tutto. Mi è capitato di trovare errori di traduzione in altri libri, ma questo li batte tutti perché è un continuo strafalcione, dalla costruzione delle frasi rimasta quella inglese che in italiano non regge, alla traduzione letterale di modi di dire anziché cercare il corrispondente in italiano, dalla confusione tra maschile, femminile, singolare e plurale, a espressioni che nella nostra lingua non hanno senso. Il traduttore automatico di Google avrebbe fatto sicuramente di meglio. Sono arrivata in fondo solo perché volevo vedere come sarebbe andata a finire con il tassista, ma ho fatto davvero fatica. Se vi interessa, procuratevi la versione in lingua originale, questa è un'agonia.

Leggendo del Sudamerica, però, mi sono ricordata di avere un saggio acquistato tanti anni fa che non avevo ancora letto: Gringos. Cento anni di imperialismo in America Latina di Clara Nieto. Sia a scuola che sui media nostrani, ci viene raccontato molto poco della storia del cono sud del continente americano, soprattutto della sua storia moderna, mentre è più facile trovare letture o documentari sui misteri archeologici delle civiltà precolombiane o sulle meraviglie naturali in pericolo dell'Amazzonia, della Patagonia, delle Ande e del Centro America, oppure sulle vicende dei trafficanti di droga. Dittature, rivoluzioni e la violenta invadenza degli Stati Uniti, invece, ci arrivano come nozioni superficiali e confuse che ho sempre avuto voglia di approfondire e capire meglio. Il libro è del 2003 e ha preso polvere sul mio scaffale per tanto tempo, ma è arrivato il momento e due giorni fa ho cominciato a leggerlo. Ve ne parlerò quando l'avrò finito, ma tenete conto che sono oltre cinquecento pagine e non è il tipo di lettura che si può fare la sera a letto, quindi impiegherò qualche settimana ad arrivare in fondo. Per adesso posso dire che Clara Nieto descrive con chiarezza (ed è tradotta bene) e non annoia malgrado l'argomento sia per natura pesante e complesso. 

Insomma, sfrutto la mancanza di storia attuale messa in pausa dalla pandemia per esplorare tempi passati che avevo trascurato e so che quello trascorso a leggere non è mai tempo perso.



lunedì 15 marzo 2021

Nostalgia di viaggio

Hannibal Lecter chiedeva a Clarice come cominciamo a desiderare e diceva che il desiderio nasce da ciò che osserviamo ogni giorno. Quindi, cosa ho osservato tanto da far nascere il mio desiderio di viaggiare? Documentari e libri d'avventura, gente con le valigie nelle stazioni che aspettavano un treno per chissà dove, aerei che passavano in cielo... e un atlante De Agostini di fine anni Settanta che per quanto pesava doveva essere rilegato in cemento armato.

Lo sfogliavo in continuazione passando dalle meraviglie del sistema solare alle pietre preziose nella sezione di geologia fino alle mappe dei continenti.

Quando ero ragazzina c'erano l'Urss, una Berlino tagliata a metà e la Jugoslavia. La Jugoslavia era un posto dove il mare era molto bello e i bambini erano molto poveri. In estate, però, il mare portava loro tanti giocattoli di plastica colorata, palloni, secchielli e formine perduti tra le onde da bambini che, come me, trascorrevano le vacanze in Romagna.

Il mondo di allora era tanto diverso da quello di oggi quanto le mie fantasie erano lontane dalla realtà, ma è inseguendo quelle fantasie che sono andata a vedere certi luoghi, a dare una forma, un odore e un sapore ai nomi strani sulle cartine geografiche, è inseguendo fantasie che dalla Romagna sono approdata in Zambia, in Australia, in Indonesia, in Kenya, in Messico, in Cambogia, in Botswana, in Thailandia, su e giù per l'Italia e fino alle Hawaii.

Da lontano, dalla sicurezza delle nostre casette, ci facciamo scoraggiare da mille timori infondati, da mille pregiudizi inculcati da cattiva o scarsa informazione. I pericoli che si corrono viaggiando, sono gli stessi che ci aspettano sotto casa, quindi non ha senso temere di esplorare il resto del mondo. Certo, se prenoti un volo per una zona di guerra sei un deficiente, ma mi riferisco all'immotivata diffidenza verso culture diverse e ambienti selvaggi. Paura, pigrizia e mancanza di soldi sono tutti ostacoli superabili se si è disponibili a un po' di sacrificio. E comunque, tutti possono viaggiare: basta aprire un libro. 

Quando sei là, nel luogo che da casa ti sembrava irraggiungibile, scopri che la vita è molto più semplice di quanto ti aspettassi: la gente ti capisce anche se parli male la sua lingua; un viaggio scomodo può portarti a una meta di tale bellezza da farti dimenticare la fatica; osservare un animale selvatico, libero nel suo ambiente naturale, è un'emozione impagabile; assaggiare i piatti tipici ti introduce alla cultura locale; sbagliare autobus in un Paese straniero diventa occasione di incontri e scoperte; chiedere consiglio agli abitanti del luogo è molto più istruttivo e interessante che consultare una guida stampata; sostenere la salvaguardia della natura, che con le sue bellezze ci stupisce sempre, è motivo d'orgoglio.

Mi manca tutto del viaggio, perfino gli incidenti e gli imprevisti. Mi manca la fatica sul sentiero J3 nel Parco Nazionale d'Abruzzo che era così ripido da farmi desiderare di arrendermi e lasciarmi rotolare a valle. Mi manca l'orribile stanza al Motel Cowboy di Guerrero Negro in Messico e i posti di blocco lungo la Carretera Transpeninsular dove i cani antidroga si sentivano male per aver annusato il nostro sacchetto della biancheria sporca. Mi manca lavarmi alla luce di una torcia versandomi addosso un secchio d'acqua pescata nel pozzo del Way Kambas National Park. Mi manca l'autobus scassato e affollato che per portarci da Bukit Lawang al lago Toba ha impiegato sei ore a percorrere ottanta chilometri. Mi mancano i terribili marciapiedi di Ubud che mi sono costati una storta proprio il giorno della partenza per l'Australia. Mi mancano le lunghe marce nella giungla con gli indumenti che ti si fondono addosso per l'umidità e il temporale improvviso che ci ha costretti a nuotare - letteralmente - tra gli alberi. Mi manca l'attesa che la strada venga sgomberata da una frana per proseguire il viaggio - cosa che mi è capitata sia in Indonesia che in Messico -. Mi manca il furgone in cui dormivamo in tre percorrendo la costa orientale australiana che consumava un chilo d'olio al giorno e ci faceva vergognare nei campeggi in mezzo ai veri camper. Mi manca il panico nel parco Aberdare in Kenya quando il motore del pulmino di Fred si è surriscaldato e abbiamo versato la nostra scorta d'acqua di una settimana nel radiatore sperando di non restare bloccati su quel sentiero dimenticato dai turisti. Mi manca il caldo infernale che mi ha fatto quasi svenire in una piazza in Thailandia o dopo il percorso tra le risaie terrazzate di Bali alle due del pomeriggio e mi manca il freddo terribile della notte trascorsa all'aeroporto di Città del Messico in attesa del volo per la Baja California.

Ma in fondo cosa sono una caviglia dolorante, i pantaloni strappati, le scarpe piene di fango e un paio di sanguisughe nella maglietta, se poi mi porto dentro i ricordi di straordinarie avventure? 

Rileggo con nostalgia tutte queste storie su Semm de passacc, sfoglio gli album di viaggi passati e guardo le foto migliori appese alle pareti di casa. Penso che sono stata fortunata a vivere tante esperienze, non rimpiango un centesimo speso in viaggi rinunciando ad altro, ma sono anche preoccupata per le occasioni perdute a causa della pandemia perché, al ritmo impressionante con cui stiamo devastando il pianeta, perdere due anni di viaggi - non mi aspetto che il 2021 sia tanto diverso dal 2020 - significa dire addio per sempre a paesaggi ed ecosistemi che non avrò più l'opportunità di vedere. La conversione all'ecoturismo che dava alle popolazioni locali una fonte di reddito preservando l'ambiente si è bloccata e lo sfruttamento delle risorse di foreste, mari, fiumi e montagne è ripreso senza regole. Tra l'altro, come ho già detto, questo "progresso" scellerato ci esporrà a nuovi virus, venendo a mancare il filtro naturale di altre specie animali, innescando un ciclo pericoloso da cui sarà difficile uscire.

Riuscirò a raggiungere i luoghi meravigliosi che indicavo sull'atlante da bambina prima che scompaiano o potrò soltanto leggerne su libri che li descriveranno usando il passato remoto?

Il mio zaino aspetta nell'armadio.




P.S. Riposa in pace, Raoul Casadei, colonna sonora delle mie estati in Romagna

domenica 7 marzo 2021

Festa della donna

Non sono una ragazza carina, non è quello che faccio

Non sono una damigella in pericolo e non ho bisogno di essere salvata quindi mettimi giù, buffone

Non preferiresti una bella fanciulla? Non c'è una gattina bloccata su un albero da qualche parte?

Non sono una ragazza arrabbiata, ma sembra che abbia preso in giro tutti

Ogni volta che dico qualcosa che per loro è difficile sentire, se la prendono con la mia rabbia e mai con la loro paura

Immagina di essere una ragazza che prova ad essere finalmente onesta, pur sapendo benissimo che ti preferirebbero con la coscienza sporca e un bel sorriso

E mi dispiace, ma non sono una bella fanciulla e non sono una gattina bloccata su un albero da qualche parte

E di solito, la mia generazione non starebbe neanche morta al servizio di un uomo e in genere sono d'accordo con loro, il problema è che devi trovarti un piano alternativo

E ho guadagnato la mia disillusione, ho lavorato tutta la vita e sono una patriota e ho lottato per le giuste cause

E se non ci fossero damigelle in pericolo? E se io sapessi e scoprissi il tuo bluff?

Non pensi che ogni gattina riuscirebbe a scendere, anche senza di te?

Non sono una ragazza carina, non voglio proprio essere una ragazza carina

No, io voglio essere più di una ragazza carina

Ani Di Franco "Not a pretty girl", 1995







domenica 28 febbraio 2021

Ode alle cassiere

Tra le mie varie esperienze lavorative c'è anche un anno e mezzo da cassiera nel supermercato di un centro commerciale.  È stato tanto tempo fa, considerate che c'erano ancora le Lire, ma ne ho un ricordo talmente nitido che quando ne parlo sembro un veterano di guerra che racconta le sue battaglie e se pensate che questo paragone sia esagerato è perché non siete mai stati dati in pasto alla gente nei giorni festivi di dicembre. 

Non potete capire l'arroganza e la mancanza di rispetto che dimostrano le persone quando si trasformano in clienti: la cassiera, ai loro occhi, è responsabile di tutte le frustrazioni che accumulano tra gli scaffali (ma pure sul lavoro e a casa) e non vedono l'ora di sfogare. È colpa sua se un prezzo è troppo alto, se non hanno trovato il prodotto che cercavano, se la promozione è finita il giorno prima, se la loro carta ha finito il credito, se il carrello è pesante, se hanno dimenticato i sacchetti, se la signora anziana davanti a loro impiega tre minuti di troppo a imbustare la spesa (e comunque noi eravamo addestrate ad aiutare chi era da solo), se il supermercato chiude alle 22 e loro sono entrati alle 21.55 e devono fare la spesa di corsa, se fuori piove e hanno parcheggiato lontano, se la loro spesa cade dal nastro perché l'hanno accatastata a cazzo, se fa troppo caldo o troppo freddo... è sempre colpa della cassiera! Ricordo con terrore gli orari di punta quando non vedevo la fine della fila di carrelli alla mia cassa e se, per disgrazia, mi scappava la pipì dovevo prima smaltire la coda per poter andare in bagno. Ricordo che a fine turno, quando dovevo pulire la postazione, trovavo i surgelati nascosti nell'espositore delle caramelle, ormai da buttare, perché i clienti sono troppo pigri per rimetterli a posto e se ne fregano dello spreco alimentare. Potrei continuare con gli esempi, ma vi basti sapere che dopo undici ore di cassa in un giorno festivo perdi fiducia nell'umanità e non hai più la forza di sorridere. Se vi domandate come sia diventata misantropa, questo è certamente uno dei motivi di maggior peso, dopo le guerre e il maltrattamento degli animali.

Sono così traumatizzata che ancora a distanza di anni evito i centri commerciali e, se proprio sono costretta da andarci, scelgo gli orari meno affollati, ho un attacco d'ansia ogni volta che varco le porte scorrevoli e non vedo l'ora di uscire. Guardo le cassiere con ammirazione per il loro coraggio, sapendo che ogni cliente va trattato come fosse l'unico e il più importante, mentre ne devi gestire duecento ogni giorno. Chissà perché si vedono pochissimi uomini cassieri, forse non riuscirebbero a sopportare tanto senza far rissa.

Durante il primo lockdown un anno fa, si parlava tanto di chi affrontava il Covid in prima linea negli ospedali, ma io vorrei lodare anche il sacrificio delle cassiere che non hanno mai smesso di lavorare. Facevo la spesa nel mini market sotto casa, mettendomi pazientemente al mio posto in una coda lunga cento metri fino all'ingresso perché la gente pensava che il cibo sarebbe terminato come in tempo di guerra oppure perché fare la spesa era l'unico pretesto per uscire un po' di casa. In quei momenti, ringraziavo il cielo di non essere ancora una cassiera che vedeva oltre le porte quell'interminabile serpentone di clienti incazzati per l'attesa che presto le sarebbero arrivati davanti per sfogarsi. Pensate anche che all'inizio, nei piccoli supermercati come quello, non c'erano le barriere in plexiglass a proteggere le cassiere, era già tanto che avessero la mascherina, ma la gente non si preoccupava per niente di stare a distanza o di tossire nei fazzoletti (cosa che sarebbe buona educazione pure senza la pandemia). E ancora oggi, dopo un anno di raccomandazioni, le sento urlare verso i clienti in coda: "La mascherina per favore!" Manco all'asilo...

Una delle cose che mi è rimasta più impressa del mio viaggio in Australia nel 2010 riguarda proprio le cassiere perché mi ha stupito come fosse abitudine degli australiani salutare e chiedere "Come sta?" quando arrivava il loro turno. E lo facevano tutti, tutti i clienti in coda. Sono rimasta davvero stupefatta di fronte a questa gentilezza, a questo rispetto per chi lavora, perché da noi è già tanto se la gente ti guarda in faccia, vali quanto il banco della frutta secca perché non sei una persona, sei un servizio.

Insomma, era già una guerra prima, adesso con il Covid è anche peggio, quindi vorrei consegnare questo post come una medaglia virtuale alle eroiche cassiere che ogni giorno indossano la divisa del supermercato e affrontano i clienti in prima linea. Siete meravigliose!

domenica 21 febbraio 2021

Il libro mancante

Alla pubblicazione dell'ultimo romanzo della serie Legione, è saltato fuori un eclatante errore sulla copertina che lo numerava 5 mentre era il quarto volume. 
Allora ho colto l'occasione per fare un sondaggio tra i miei lettori che, in quanto miei lettori e non persone normali, hanno optato per la fantasiosa opzione di lasciarlo così, consegnando il numero 4 al mito e al mistero nello spirito della Legione Segreta.

Il saggio, però, consiglia di fare di ogni errore un'opportunità, così ho pensato di riempire il vuoto con un volume un po' particolare, una raccolta di racconti: i diari dei legionari.

Ovviamente, impiegherò almeno un anno a completarlo e pubblicarlo, ma volevo dare la notizia perché in questo modo, poiché mi dà fastidio non mantenere gli impegni presi, sono obbligata a portarlo a termine senza lasciarmi andare alla pigrizia. Scrivere mi piace sempre, ma stando al computer tutto il giorno per lavoro, spesso mi passa la voglia di starci anche per piacere. Quindi uno dei buoni propositi per il 2021 è lavorare a questo progetto e portarvi ancora una volta a spasso nel tempo e in giro per il pianeta.

domenica 14 febbraio 2021

Fantascienza, meraviglie e delusioni

Nella mia riscoperta dei classici, dopo la raccolta dei romanzi di Verne, ho comprato anche quella di H.G. Wells che contiene titoli celeberrimi come La macchina del tempo, L'isola del Dottor Moreau e L'uomo invisibile
Be', ne sono rimasta delusa, lo stile di Wells non mi ha proprio conquistata. Le sue idee, strepitose per l'epoca, perdono fascino in una narrazione poco appassionante, in personaggi senza storia né personalità che servono solo all'azione che manda avanti la trama e sembrano non avere pensieri, carattere, sentimenti, tanto che sarebbero intercambiabili da un romanzo all'altro. 
Mi pare che Wells si sia accontentato di inventare un soggetto originale e abbia pensato che bastasse quello a stupire il lettore. Accidenti un uomo invisibile! Caspita un viaggio nel tempo! Ma a parte l'idea inziale, il resto è noia, purtroppo, e si legge come una cronaca distaccata. Pagina dopo pagina aspettavo di entrare nel vivo della lettura, alcuni romanzi ci mettono un po' a coinvolgere, ma era come stare seduta su un treno che non partiva mai e alla fine sono scesa senza aver lasciato la stazione. 
Devo ancora leggere La guerra dei mondi, chissà che non mi faccia cambiare idea.



A sorprendermi, invece, è stato un vecchio volumetto ingiallito ricevuto in regalo, La fantascienza delle origini, che era il supplemento speciale della rivista Robot che usciva negli anni Settanta, poi riaperta nel 2003. 
Gli undici racconti che compongono il volume sono stati pubblicati tra i 1926 e il 1945 su celebri riviste di fantascienza americane dell'epoca, come Amazing stories e Wonder stories, e ripresi dalla pubblicazione italiana in questa antologia da mille lire – già quel L.1000 sulla copertina è un nostalgico viaggio nel tempo. 
A dir la verità, prima di sfogliare queste pagine con cautela per non rovinare la fragile rilegatura, mi aspettavo di leggere racconti di una fantascienza un po' ingenua, pieni di quelli che poi sarebbero diventati gli stereotipi del genere. Mi sbagliavo di grosso, anzi di grossissimo! Ho divorato i racconti uno dopo l'altro con meraviglia crescente sia per lo stile che per le idee e, ogni volta che credevo di aver intuito dove l'autore volesse andare a parare, sono rimasta stupita dall'originalità con cui mi ha contraddetta. È stata una sorpresa più che piacevole, insomma, scoprire quanto fossero moderni e geniali questi autori, mentre oggi, nell'era degli smartphone e di Internet, manchiamo di fantasia. Che sogni incredibili facevano! E come sapevano raccontarli bene! 
Il bello poi è che non si parla solo di astronavi e civiltà aliene, ma di realtà alternative, di rischi del progresso, di ambizioni e fallimenti, ma soprattutto di umanità, di comportamenti che riconosciamo e di meccanismi sociali che non cambiano né sulla Terra del futuro né su nuovi mondi. Ogni racconto mi ha appassionata in modo differente e i due che mi sono piaciuti di più sono L'asteroide d'oro e L'eremita degli anelli di Saturno, ma ve li elenco tutti perché vale la pena leggerli e magari riuscite a trovarli in qualche raccolta o sul web.


  • L'avvento del ghiaccio di G.Peyton Wertenbaker
  • Fuori dal sub-universo di R.F.Starzi
  • L'asteroide d'oro di Clifford D,Simak
  • L'isola degli irragionevoli di Edmond Hamilton
  • L'ambasciatore di Davy Jones di Raymond Z.Gallun
  • Cerchio uguale a zero di Stanley G.Weinbaum
  • Le Terre Morte di Jack Williamson
  • L'eremita degli anelli di Saturno di Neil R.Jones
  • Lassù di Donald A. Wollheim
  • Quasi umano di Robert Bloch
  • L'entità di Murray Leinster

domenica 7 febbraio 2021

Ode a National Geographic

Secondo me, National Geographic andrebbe letto nelle scuole.



Sono una fiera abbonata di questa rivista che ogni mese mi apre una finestra sulla cultura, sulla scienza, sulla natura, sulla storia. Sembra pubblicato per me perché tratta tutti gli argomenti che più mi attraggono e lo fa attraverso le foto e gli articoli di tantissimi collaboratori diversi, provenienti da tutto il mondo.

È come avere un amico acculturatissimo che ogni mese viene a trovarmi per raccontarmi nuove storie di luoghi che da sola non potrei raggiungere, di scoperte e invenzioni che da sola non potrei capire, di persone che vivono in realtà diverse dalla mia che da sola non conoscerei, di fatti che seppure si svolgono in altre nazioni mi riguardano e le cui conseguenze mi toccheranno, di eventi accaduti in epoche che non ho vissuto. E a me piace imparare: sono una secchiona! Viene a meravigliarmi, a farmi sognare e riflettere, mi spiega argomenti complessi portandoli nel quotidiano perché chiunque possa comprenderli e sentirli più vicini. 

Mi parla anche di cose brutte perché è giusto saperle e denunciarle, ma non si fa influenzare dalla politica e si impegna a sostenere progetti che risolvano – o possano almeno mitigare – i problemi del nostro mondo. Non si limita a dirmi che c'è una guerra, mi racconta come e perché è scoppiata, come la vivono le persone comuni, di cosa hanno bisogno; non descrive soltanto gli effetti dell'inquinamento, ma mi spiega come quel particolare ecosistema serve all'equilibrio naturale e cosa accadrebbe se lo perdessimo, mi presenta i progetti per conservarlo e li finanzia.

Soprattutto, National Geographic è serio e io mi fido di quello che leggo perché dietro c'è un grande lavoro, mai superficiale. I suoi reporter vanno a cercare la verità fino in fondo e la raccontano com'è nel bene e nel male, con prove, ricerche, indagini sul campo, raccolta di testimonianze. Non c'è spazio per voci inaffidabili o di parte, come scrive anche Piero Angela nella sua autobiografia – anche questa da leggere nelle scuole – “la velocità della luce non si stabilisce a maggioranza, per alzata di mano. Se io in televisione praticassi la par condicio, mettendo sullo stesso piano scienza e pseudoscienza, sarei screditato”. Questo non significa chiudersi alle novità, bensì prendere per buone le nuove teorie solo quando sono dimostrate e supportate da nuove prove: prima dei telescopi, sapevamo dell'universo solo ciò che potevamo vedere a occhio nudo, oggi ovviamente la nostra conoscenza dello spazio è cambiata.

Accumulando negli anni tanti numeri di National Geographic posso ricostruire l'evoluzione del nostro mondo, i cambiamenti culturali e sociali, i progressi scientifici, e mi piace riprendere un vecchio articolo per osservare come certe cose siano migliorate, peggiorate o rimaste uguali nel tempo.

Quanti libri ho comprato perché citati negli articoli! Dalle cronache delle grandi esplorazioni ai misteri dell'archeologia, dalle biografie di personaggi storici a saggi si astronomia e geologia e volumi fotografici dei grandi fotoreporter. Eh sì, perché se un tema mi appassiona non mi limito al reportage, ma vado ad approfondire con altre letture e qualche volta ci ho scritto perfino un racconto o una parte di romanzo.

E quanti dei miei viaggi sono stati ispirati da quelle pagine! La natura non finirà mai di stupirmi, o forse sì, se non la proteggiamo abbastanza. Vi ricordate questo post

Insomma, ogni mese è Natale per me quando scarto il nuovo National Geographic (con involucro biodegradabile) come un regalo, il più prezioso: la conoscenza. 

domenica 31 gennaio 2021

Una donna di tante parole

Venerdì scorso è purtroppo venuta a mancare Donata Schiannini. Qualcuno l'ha conosciuta per l'angolo di Donata sul blog Da dove sto scrivendo quando si prestava gentilmente a rispondere ai quesiti linguistici dei lettori del blog, insegnandoci a ragionare sull'uso delle parole e risolvendo diatribe altrimenti destinate a proseguire all'infinito.

Io, però, ho avuto anche la fortuna di incontrarla di persona nel 2018 alla serata di presentazione del suo libro Come lo scrivo?

Oltre che una fonte inesauribile di nozioni sulla nostra lingua, Donata era una donna spiritosa e indipendente che a ottant'anni era più svelta di pensiero di tanti giovani. Alla presentazione, in una minuscola libreria nascosta in una viuzza di Milano dove Donata è arrivata con la fedele bicicletta, mi ha colpito proprio il suo modo di comunicare con l'umorismo tipico delle persone intelligenti e la sicurezza di chi conosce profondamente la propria materia. Durante l'intervista (c'era un giornalista a farle da spalla) è stata capace di rendere appassionanti perfino la grammatica e la sintassi perché ha raccontato le storie che stanno dietro le regole e le parole, facendomi venir voglia di saperne di più. 

È proprio questo che fa del suo libro ben più di un manuale, piacevole da leggere quanto utile da consultare per risolvere una quantità di dubbi linguistici. 

Andando alla presentazione con Helgaldo che la conosceva molto bene, ho avuto modo di chiacchierare con lei sia prima che dopo e di farmi autografare una copia del libro.

Sarebbe bello recuperare il video di quella serata, mi ricordo che è stata ripresa, varrebbe la pena condividerlo, intanto a questo link trovate una sua bella intervista e, naturalmente, vi consiglio di leggere Come lo scrivo?

io e Donata

Nell'aldilà, me la immagino a pedalare lungo un viale circondato da alberi di parole sotto un cielo azzurro.


domenica 24 gennaio 2021

Dove lo metto

Qualche anno fa, per un certo periodo ho frequentato i blog di aspiranti scrittori. Avevo appena aperto il mio piccolo Scritti a Penna e volevo imparare da chi era più esperto, capire meglio come funziona quel mondo. Dopo l'entusiasmo iniziale, alimentato da alcune scoperte interessanti, mi sono resa conto che non era un club di cui desideravo far parte. Ma di questo vi parlerò un'altra volta perché è un'esperienza da raccontare per bene.
Per ora vi basti sapere che qualche conoscenza di quel periodo è ancora tra i miei contatti su Facebook anche se sono “uscita dal giro” perciò mi capita di leggere quello che condivide. Una volta, uno di questi aspiranti scrittori ha pubblicato una foto del suo romanzo sullo scaffale di una sua lettrice commentando: “Che soddisfazione vedere il proprio libro tra X e Y!” – sostituite voi X e Y con i nomi di due scrittori famosi perché non me li ricordo, ma sparate alto, tipo Manzoni e Ken Follett – e poi il post autocelebrativo andava avanti. Tutto questo entusiasmo dell'autore per quella foto mi ha lasciato un po' perplessa perché se da un lato capisco che è bello sapere che qualcuno ha il tuo libro sullo scaffale, dall'altro la posizione è irrilevante perché non è una classifica. Chi tiene i volumi nella propria libreria in ordine di merito?


Io, per esempio, li divido per genere: viaggi, thriller, scienza, fantascienza, fiabe, biografie, classici... 

la libreria del mio salotto

Qualcun altro, come Seli che ha un blog di lettura, li ordina per colore con un effetto scenografico strepitoso, ma è anche una scelta impegnativa perché quando stai cercando un particolare titolo devi ricordarti il colore della copertina. I più precisi li sistemano per altezza, altri in ordine alfabetico per autore o per titolo. Ognuno ha il suo metodo e stile.

la libreria di Seli

In ogni caso, non ho mai sentito di qualcuno che li tenesse in ordine di apprezzamento anche perché significherebbe avere uno scaffale per i libri brutti, qualcuno li conserva? I libri che non mi sono piaciuti finiscono donati ad associazioni o biblioteche, rivenduti nelle librerie dell'usato o nei regali da riciclare a Natale; comunque, mai buttati nella spazzatura perché gettare nei rifiuti un libro, per quanto brutto possa essere, mi pare sempre un sacrilegio.

Be' a casa vostra come sono ordinati i libri?



lunedì 18 gennaio 2021

Il paese delle meraviglie

Premessa

A mio parere, la pandemia di Covid-19 è stata mal gestita e mal interpretata in tutto il mondo perché la si tratta come una questione passeggera, ci si mette una pezza in attesa del vaccino e poi sarà tutto come prima. Questa storia, invece, è destinata a ripetersi perché arriveranno altre malattie come e peggiori del Covid-19 perché viviamo in un mondo inquinato, perché distruggendo ecosistemi e riducendo la biodiversità stiamo assottigliando sempre più quel filtro naturale tra l’uomo e i virus. Allora non basta superare questo scoglio per navigare sicuri, bisogna migliorare radicalmente la nostra barca. Bisogna riparare e proteggere il pianeta, migliorare le condizioni di vita di tutti, e poi, localmente, investire nella sanità, ammodernare gli ospedali, pagare meglio il personale che altrimenti – come dargli torto – preferisce lavorare nel settore privato che non tutti possono permettersi. Serve una soluzione a lungo termine che non può essere chiudere tutto (calano i contagi) poi riaprire tutto (aumentano i contagi e si intasano gli ospedali, oh che sorpresa!) in continuazione, aggiungendo il danno economico a quello sanitario. La gente è frustrata, lo capisco bene. Ai politici manca la lungimiranza perché guardano al loro personale interesse immediato, ma sono altrettanto pericolose le persone che preferiscono negare i problemi invece che prendersene la responsabilità e impegnarsi per risolverli a partire dai propri comportamenti quotidiani.


Mi piacerebbe vivere nel mondo dei negazionisti.

Sapete, quelli che usano “ambientalista” come insulto, quelli che credono più alle bufale sui social che alla scienza, quelli che con aria di sufficienza chiamano “gretini” i giovani che si preoccupano del proprio futuro anziché sbronzarsi a Ibiza.

Mi piacerebbe andare in vacanza dove vanno loro perché non ci sono rifiuti sulle spiagge e i mari sono sani e pieni di pesci. E sulle loro montagne i ghiacciai fotografati dai loro nonni non si sono ritirati di dieci chilometri. 

Dove stanno loro, non esistono siccità, grandinate e inondazioni così i prezzi della verdura non aumentano. E non c'è deforestazione, infatti gli animali vivono felici nei loro habitat che non si riducono per mano dell'uomo. I negazionisti non trovano i panni più sporchi di prima dopo averli stesi all'aperto perché dove abitano loro l'aria non è inquinata e chi dice che lo è dev'essere complice del complotto mondiale.

Nel mondo dei negazionisti il Covid-19 è solo un'influenza. Scemi i nostri medici che hanno intasato le terapie intensive di pazienti quando bastava un'aspirina, ma anche loro fanno parte del complotto mondiale ordito dalle case farmaceutiche. Ovviamente tutti i governi del mondo si sono messi d'accordo per affossare le proprie economie perché di sicuro si ricava di più da un vaccino (che forniscono gratuitamente ai loro cittadini) rispetto all'intero settore del turismo, della ristorazione, dello spettacolo e di tutte le altre attività bloccate. Se la gente è disoccupata chi paga le tasse? Sono fortunati i negazionisti a non aver avuto nessun parente o conoscente contagiato perché da noi i malati di Covid-19 non hanno semplicemente il naso che cola: non riescono proprio a respirare e, se sopravvivono, hanno danni ai polmoni per l'infezione che si porteranno dietro per mesi.

Nei libri di storia dei negazionisti l'olocausto non c'è mai stato, Galileo Galilei è un cialtrone, gli antichi romani erano alieni e tutte le donne desiderano un ferro da stiro per San Valentino. I loro bambini vanno a scuola (anche se tutto ciò che ci insegnano è falso, confezionato per controllare le menti degli studenti) senza vaccinazioni e chi se ne frega se così portano malattie mortali ai bambini più deboli che non possono essere vaccinati.

I negazionisti non leggono libri e giornali diversi per formarsi un'opinione propria, no, loro la trovano già scritta nei post di Facebook così possono condividerla senza fare lo sforzo di capirla, di ragionare, di porsi domande e cercare risposte sensate, logiche e fonti attendibili. Due più due fa cinque perché lo dico io e c'è la libertà di parola, quelli che dicono che fa quattro vogliono toglierci la libertà e fanno parte del complotto. 

Vorrei davvero sapere dov'è il paese dei negazionisti dove i problemi del pianeta sono solo invenzioni della tv e va tutto bene. Datemi l'indirizzo, per cortesia, perché il mondo in cui vivo io non se la passa così bene.





lunedì 11 gennaio 2021

18 modi per morire

 


Scusate, ma... lumache? Sul serio? Immagino ne esistano varietà velenose, ma 20.000 morti come li fanno? Non riesco a immaginare una persona inseguita da una lumaca, forse ti attaccano nel sonno oppure qualcuno non sa che sono velenose e le mangia, anche se quando abiti in una zona del mondo dove esistono lumache velenose dovresti saperlo. Non so, credo che resterò perplessa tutto il giorno.

lunedì 4 gennaio 2021

Ricordi di lettura

Il primo libro “da grande” che ho letto è stato Pattini d'argento di Mary Mapes Dodge. Ce l'ho ancora, ma non ne ricordo bene la trama, ricordo però di essermi sentita adulta nel leggerlo perché aveva tanto testo e poche figure, al contrario dei libri per bambini.

Un altro ricordo delle mie prime letture riguarda le celebri Fiabe sonore, 45 giri che si infilavano nel mangiadishi per farsi raccontare le favole più classiche della letteratura e seguirle sui fascicoli allegati. Ho ben chiare in mente le voci dei sovrani in Il gatto con gli stivali che parlavano ognuno con una sola vocale, e il ladrone che ripeteva ad Alì Babà “Prima dammi la lampada!” e poi l'abito dorato indossato da Cenerentola al matrimonio con il principe, ma soprattutto mi è rimasta impressa l'immagine della stanza segreta di Barbablù con le teste mozzate delle mogli appese al muro. Non credo che al giorno d'oggi pubblicherebbero un'illustrazione del genere, i bambini moderni sono protetti da qualsiasi cosa possa turbarli, forse anche troppo, mentre noi andavamo a scuola a piedi da soli e guardavamo notte horror con Zio Tibia le sere d'estate senza parental control. Non è che allora il mondo fosse meno pericoloso e siamo cresciuti tranquillamente, perciò non capisco questa ossessione nell'impedire ai bambini di spaventarsi o farsi male. Ma sto divagando.

Era tradizione in famiglia andare al cinema il 26 dicembre a vedere il nuovo film Disney dell'anno e, una volta usciti, comprarne il libro per riviverlo all'infinito. Alcuni di quei libri dalla copertina rigida con le immagini tratte dai film sono ancora nel mio armadio, tenuti insieme dal nastro adesivo.

Negli anni della scuola, le letture mi venivano imposte dagli insegnanti e questo toglieva parecchio fascino ai classici perché c'è differenza tra “che bello mi leggo un libro!” e “che palle devo fare i compiti!” e non mi è mai piaciuto avere una scadenza per terminare una lettura, non mi va che mi si metta fretta. Ho poi riscoperto certi classici che a quel tempo mi erano parsi noiosi, apprezzandoli da adulta.

Una volta, però, la fretta è stata eccitante: per un programma di scambio di libri tra compagni di classe, a mio fratello era capitato La stanza 13 di Robert Swindells, un horror per ragazzi. Lo appassionò così tanto che volle farlo leggere anche a me, ma poiché avrebbe dovuto restituirlo il giorno dopo, l'ho letto tutto in una notte ed è stata una notte fantastica. Parecchi anni dopo, per il mio trentesimo compleanno, mio fratello è riuscito a procurarsene una copia per regalarmela in ricordo di quella lettura frenetica ed emozionante.

Libri e fumetti hanno sempre avuto lo stesso valore in casa mia, tra l'altro diversi sceneggiatori di fumetti sono anche scrittori di romanzi. Tornando dall'edicola, mio padre condivideva con noi, ma solo dopo averli letti per primo, i suoi albi di Tex, Zagor e, in seguito, Dylan Dog. E mentre lui è rimasto fedele a Bonelli negli anni, mio fratello ha ampliato la cultura fumettistica a diversi generi e autori diventando un vero collezionista. Io ho preso la strada dei libri, ma ancora oggi ci scambiamo spesso le letture.

Dall'edicola ogni settimana arrivava anche Topolino ed eravamo ansiosi di divorare nuove storie. Dalle avventure di Zio Paperone in giro per il mondo alla ricerca di tesori o strampalate occasioni di guadagno, alle indagini di Topolino che erano veri e propri romanzi gialli, dalle invenzioni di Archimede agli incantesimi di Amelia, dalle storie su temi di attualità come bullismo, inquinamento e tecnologia ai racconti intorno al fuoco di Nonna Papera, fino alle parodie dei classici della letteratura, potrei fare milioni di citazioni.

Insomma, la passione per la lettura mi è arrivata da tanti stimoli diversi, poi col tempo si formano i gusti personali e le biblioteche si arricchiscono di argomenti, ma c'è posto per il vecchio e il nuovo in ogni lettore e i ricordi delle esperienze vissute attraverso i libri si mescolano a quelle reali perché fanno parte della nostra vita. 

C'è sempre spazio per imparare e sognare perché leggere allarga la mente.