lunedì 6 settembre 2021

Gringos di Clara Nieto

 

I nostri libri scolastici si soffermano appena sulla storia degli altri continenti, anche perché non ci sarebbe il tempo di approfondire le vicende di tutte le nazioni del mondo. Per fortuna, per chi è interessato, esistono molti altri libri che raccontano quello che ci siamo persi.

Gringos è un volume giustamente corposo che mette ordine nella complicata e turbolenta storia dell’America latina dagli anni Cinquanta ai primi Duemila. Il resoconto di Clara Nieto è preciso e imparziale, mette semplicemente a confronto le dichiarazioni dei vari politi coinvolti con le loro azioni, le parole e i fatti di cronaca. Riporta la storia attraverso diversi occhi e diverse fonti: giornalisti di varie fazioni, rapporti ufficiali, articoli apparsi sui quotidiani dell'epoca, interviste, relazioni delle discussioni all’ONU, testimonianze, documenti de-secretati negli anni successivi.

Quella dell'America Latina è una storia di dittature sanguinarie che l'autrice descrive anche nei dettagli più raccapriccianti: diritti umani calpestati, crimini impuniti, disperazione e ribellione, bugie e complotti, sviluppo economico e sociale negato e osteggiato in nome degli interessi degli Stati Uniti. Pagina dopo pagina mi sorprendevo della crudeltà dell’uomo nel considerare mezzo continente solo una terra da depredare e un insieme di popolazioni da sfruttare senza alcun ritegno e mi sono resa conto che con il passare dei decenni, dei presidenti, dei partiti, nulla cambiasse nella visione degli Stati Uniti verso verso il cono sud del loro continente. Per quanto la percezione che ne avevamo da questa parte dell'oceano fosse - e sia ancora oggi - diversa a seconda di come le informazioni ci venivano presentate o nascoste, trovo incredibile come il resto del mondo fingesse di non accorgersi di ciò che accadeva davvero ai cittadini, limitandosi a credere a quello che raccontavano i politici. Per quanto riguarda le nazioni europee, immagino che non si siano mai schierate contro gli Stati Uniti, non tanto per timore di ritorsioni, quanto per la consapevolezza di essersi comportate allo stesso modo con l'Africa e sarebbe stato ipocrita accusarli degli stessi crimini e delle stesse scorrettezze.

Certi dittatori, saliti al potere con il supporto della CIA, diventavano poi talmente avidi e ubriachi di potere che nemmeno gli Stati Uniti riuscivano più a destituirli, pur ricorrendo al solito giochetto di accusarli di comunismo durante la Guerra Fredda. I loro stessi burattini gli si rivoltavano contro e dovevano spendere milioni e milioni di dollari per armare i rivoluzionari, progettare attentati e colpi di stato, corrompere i nuovi politici, comprare voti per pilotare le elezioni e poi spenderne altri per sedare le rivolte da loro stessi fomentate. 

Grazie a questo libro ho capito cosa è successo, ma continua a sfuggirmi il senso. Non ha nessuna logica economica spendere in complotti, armi e corruzione enormemente di più di quanto si guadagni dallo sfruttamento delle risorse e dei lavoratori, quindi deve essere solo un gioco di potere, solo fare i bulli con le nazioni più deboli. Continuo a non capire in che modo sostenere delle dittature che sterminano e affamano i popoli sarebbe più vantaggioso che commerciare con stati alleati, è una politica che a lungo termine non porta guadagni e diventa anzi più costosa perché è naturale e prevedibile che dopo un po’ i cittadini si ribellino. Se solo ogni nazione potesse scambiare le proprie ricchezze con quelle altrui in un mercato equo, quanto benessere raggiungerebbe le persone lasciate sempre per ultime.

Le nazioni del centro e sud America non hanno avuto la possibilità di scrivere la propria storia, di perseguire il proprio sviluppo, il proprio successo o fallimento perché tutto doveva andare come decideva Washington; mi fanno pensare a bambini mai cresciuti perché ostaggio di un tutore despota che non aveva con loro nemmeno un legame di sangue. A ogni capitolo mi domandavo come sarebbe andata la storia se solo una delle decisioni politiche degli Stati Uniti fosse stata respinta, se l'ONU si fosse opposta a certe azioni che violavano palesemente la sovranità degli altri popoli. Sono guerre di parole, dicevano “intervento” anziché “invasione” e tutto andava a posto perché seppure il mondo intero si proclamasse "indignato" e deplorasse pubblicamente la politica estera degli Stati Uniti, di fatto nessuno ha difeso o supportato l'America Latina.

Quindi questo è un libro da leggere assolutamente, non solo per conoscere la storia del Sudamerica, ma il funzionamento della politica in tutto il mondo perché il giochetto del colonialismo è lo stesso ancora oggi, anche se gli diamo altri nomi. Per quanto le 513 pagine possano scoraggiare, vi assicuro che la lettura è talmente interessante che scorreranno sotto i vostri occhi come un film facendovi appassionare, arrabbiare, spaventare, riflettere. Dobbiamo conoscere il mondo in cui viviamo e Clara Nieto ha allargato moltissimo il mio orizzonte


lunedì 30 agosto 2021

Allora sei scemo

Vi ricordate che prima di Internet pensavamo che la causa della stupidità collettiva fosse il difficile accesso alle informazioni?

Be', evidentemente non era quella.

lunedì 16 agosto 2021

Le cose belle sono troppo piccole

 Io vorrei scrivere di cose belle,  ma  faccio fatica a trovarne. O perlomeno sembrano piccole rispetto all'enormità di quelle brutte.

Mi trovo davanti un terremoto che ha sbriciolato Haiti, una delle nazioni più povere del mondo.

Vedo cittadini afghani che si aggrappano agli aerei dei fortunati stranieri in fuga e donne disperate perché consapevoli che verranno  private dei pochi diritti conquistati negli ultimi anni, gente che sta per morire e lo sa.

Osservo impotente migliaia di ettari di boschi consumati dalle fiamme e animali arsi vivi, la bella Italia che diventa un deserto di cenere.

Si dice sempre "il peggio è passato", ma a guardarmi intorno mi chiedo se invece non sia il meglio a essere ormai passato.

domenica 16 maggio 2021

L'ingenua #2

Perché i boss della criminalità organizzata amano ostentare devozione alla Chiesa e ai Santi, mentre infrangono tutti i Comandamenti e si macchiano dei peggiori peccati?

lunedì 3 maggio 2021

Filosofia dell'opportunità

Penelope, da grande, vuole fare l'astronauta cantante.

Le bambine sanno di poter diventare chiunque desiderano, ma poi accade qualcosa lungo la strada verso l'età adulta che spegne le loro ambizioni, a un certo punto quella strada prosegue solo per i maschi, mentre è sbarrata per le femmine. Come si rimuove quella barriera?

Perché si ottengano davvero pari opportunità bisogna combattere la cultura del maschi e femmine separati, con percorsi predefiniti, con scelte obbligate e occasioni precluse, o peggio del maschi contro femmine, per arrivare a maschi e femmine insieme, secondo le personali inclinazioni e talenti, indipendentemente dal genere. Per farlo, è necessario mescolare gli ambienti di studio e di lavoro, abituare ragazzi e ragazze a collaborare agli stessi progetti e vedersi negli stessi ruoli perché diventi normale aspirare alla stessa posizione o condividerla.

In alcuni campi sono sempre mancati i modelli di riferimento e non è da tutte essere pioniere in una disciplina o un mestiere storicamente dominati da uomini. Oggi, però, cominciamo ad osservare piccoli cambiamenti grazie alle donne che sono riuscite a dimostrare il proprio valore e a portare il proprio contributo in quegli ambiti. Possiamo elencare tante donne importanti e celebri, ma quando penso a modelli e opportunità, mi torna in mente un ricordo banale eppure emblematico: quando nel 2000 uscì la prima serie di CSI, quella originale ambientata a Las Vegas prima che ne nascessero infiniti spin-off, mi ci appassionai molto perché amo il genere poliziesco e lessi un'intervista a Marg Helgenberger che interpretava Catherine Willows, be' l'attrice raccontò con orgoglio che il suo personaggio aveva ispirato tante ragazze, spingendole a studiare materie scientifiche un tempo scelte solo dai maschi e ad aspirare a carriere in un campo mai considerato prima. Sembra una sciocchezza, ma dimostra che è proprio il pensiero delle donne a dover cambiare per primo e aprirsi a immagini di sé in ruoli nuovi.

La chiave sta nell'educazione, sia in famiglia che a scuola che sui media. L'educazione porta alla fiducia nelle proprie capacità, l'istruzione porta alla consapevolezza dei propri talenti e dei propri limiti nelle diverse materie così che si possa scegliere la strada che più ci appassiona e per la quale siamo più portati. Poi l'impegno porta alla competenza nel campo prescelto e, a quel punto, per raggiungere il successo manca solo l'occasione giusta. Pari opportunità secondo me significa competere alla pari perché tutti hanno la stessa opportunità di studiare, di fare carriera, di realizzare le proprie aspirazioni. Poi ci sarà sempre chi riesce meglio e chi fallisce, chi rinuncia e chi ha successo, chi cambia idea e chi si accontenta, ma indipendentemente da come vada a finire è giusto che tutti abbiano un'opportunità.

In fondo, la diversità di caratteristiche, di punti di vista, di approccio ai problemi, è una ricchezza che porta all'evoluzione per cui una maggiore inclusione allarga qualunque orizzonte, mentre escludere porta a un impoverimento di idee e a uno spreco di potenzialità. E questa "filosofia" di inclusione e opportunità non dovrebbe fermarsi alle donne, ma applicarsi anche agli altri tipi di discriminazione che siano età, etnia, religione... Pensate, per esempio, al reddito: chi nasce in un paese povero non ha certo le stesse opportunità di studio e di lavoro di chi si trova in un paese ricco e industrializzato, ma magari in un villaggio sperduto dell'Africa o dell'Asia è appena nato un piccolo Einstein e il mondo non godrà del suo genio solo perché non avrà accesso alle stesse risorse e agli stessi diritti di un piccolo imbecille nato in Svezia. Pari opportunità portano a "che vinca il migliore", non il più fortunato o il più ricco o il cugino del più potente.

Meno barriere e pregiudizi, più astronaute cantanti.



domenica 25 aprile 2021

L'ingenua #1

Sono consapevole che la mia logica di persona semplice non sia applicabile alla complessa realtà in cui viviamo, ma spesso mi pongo domande, più o meno importanti, che nella mia testa hanno perfettamente senso eppure non ottengono una risposta accettabile, una risposta che mi spieghi in modo convincente certi paradossi. Poiché ho diverse di queste domande, inauguro una serie di post sul mio ingenuo modo di ragionare, sperando che qualcuno mi illumini o, perlomeno, ci rifletta sentendosi ingenuo come me. Ecco la prima.

Perché le diverse associazioni che perseguono lo stesso obiettivo non si uniscono?

Secondo me, se esistesse un'unica associazione nazionale (se non mondiale, ma forse è troppo ambizioso) per ogni causa avrebbe maggior peso politico potendo contare sull'appoggio di tutti quei sostenitori che oggi sono suddivisi in centinaia di associazioni simili. Per esempio, raccoglierebbe milioni di firme per una petizione, organizzerebbe manifestazioni con centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo a far pressione sui governi, avrebbe a disposizione fondi enormemente più consistenti riunendo le donazioni per finanziare progetti e campagne. Sarebbe più forte un'unica grande associazione che si occupi dei bambini in difficoltà, un'unica grande associazione per i diritti delle minoranze, un'unica grande associazione per la salvaguardia dell'ambiente, un'unica grande associazione contro la violenza sulle donne, un'unica grande associazione per la difesa degli animali, e così via. Se tutte le persone che vogliono donare dieci euro a una causa che sta loro a cuore non dovessero scegliere tra centinaia di piccole associazioni simili, ma potessero destinarli all'unica grande associazione impegnata in quella causa, questa avrebbe a disposizione molti più fondi per realizzare quel progetto o raggiungere quell'obiettivo. Invece, non solo la beneficienza finisce frammentata perdendo valore, ma le associazioni stesse giocano a chi sputa più lontano con le loro piccole risorse, vincendo piccole battaglie in tempi lunghissimi, a scapito del nobile scopo che dovrebbero perseguire. Ma questo, come dicevo, è solo il mio ingenuo punto di vista.


domenica 18 aprile 2021

Responsabilità

Il 22 aprile è la Giornata della Terra istituita per porre l'attenzione sui problemi ambientali del nostro pianeta che, se vi guardate intorno nello spazio, è il più bello di tutti e già soltanto per questo dovremmo averne cura.

Sull'ultimo numero di National Geographic ho trovato una frase che riassume il mio pensiero sulla questione:

A risolvere la crisi ambientale non basteranno da sole né le auto elettriche né le rinnovabili. Le innovazioni tecnologiche sono una parte della soluzione, l'altra siamo noi, i nostri comportamenti e le nostre scelte.

Proprio qui, sul nostro stile di vita, inciampano tutti i buoni propositi per la salvaguardia dell'ambiente. A chiunque dispiace vedere in tv l'orso polare disperato per lo scioglimento della banchisa o le foreste in fiamme, ma non ne sente la responsabilità perché non è lui ad appiccare il fuoco in Amazzonia o a gettare bottiglie di plastica in mare. Non è ancora chiaro a tutti che a innescare un disastro dall'altra parte del mondo non è la mano del contadino che regge il fiammifero, bensì la nostra mano che prende il prodotto sbagliato dallo scaffale del supermercato. In fondo, si tratta sempre di soldi: se tutti acquistassimo i prodotti di un'azienda che opera in maniera sostenibile, state certi che per non perdere clienti anche le altre aziende si adeguerebbero e, per una volta, daremmo il via a una reazione a catena positiva. La responsabilità è soprattutto nostra, delle nazioni di consumatori perché siamo noi a sfruttare risorse e lavoratori delle nazioni che non possono permettersi di scegliere perché povere o oppresse da politici che guadagnano dalla nostra ricchezza senza condividerla con la popolazione. Siamo noi a comprare e consumare le foreste, i ghiacciai, gli oceani, i fiumi, il suolo che ci intristisce veder morire in tv.

Non ci piace la plastica in mare e sulle spiagge? Privilegiamo prodotti sfusi o con imballaggi in vetro e cartone. Non ci piace l'acqua inquinata di fiumi e oceani? Scegliamo detersivi biodegradabili. Vogliamo ridurre i livelli di anidride carbonica nell'aria? Riduciamo il consumo di prodotti animali e derivati perché gli allevamenti intensivi producono più inquinamento dell'intero settore dei trasporti e consumano più risorse dell'agricoltura, produrre una bistecca inquina più di una Panda diesel.

Ci sono tante piccole cose che possiamo fare ogni giorno per l'orso polare e per le foreste, sono davvero le nostre scelte individuali a fare la differenza perché siamo diversi miliardi di individui e possiamo facilmente spostare l'ago della bilancia con il nostro comportamento. Non dobbiamo aspettare leggi illuminate, non dobbiamo aspettare particolari tecnologie, non dobbiamo aspettare la Giornata della Terra: possiamo cambiare subito e rendere orgogliose di noi le prossime generazioni che rischiano di ereditare un mondo sporco e arido. La prossima volta che vedrete quelle immagini strazianti in tv, non pensate che non possiamo farci nulla, siamo tutti responsabili e siamo tutti fondamentali per mantenere in salute il pianeta più bello del cosmo.