Tra le mie varie esperienze lavorative c'è anche un anno e mezzo da cassiera nel supermercato di un centro commerciale. È stato tanto tempo fa, considerate che c'erano ancora le Lire, ma ne ho un ricordo talmente nitido che quando ne parlo sembro un veterano di guerra che racconta le sue battaglie e se pensate che questo paragone sia esagerato è perché non siete mai stati dati in pasto alla gente nei giorni festivi di dicembre.
Non potete capire l'arroganza e la mancanza di rispetto che dimostrano le persone quando si trasformano in clienti: la cassiera, ai loro occhi, è responsabile di tutte le frustrazioni che accumulano tra gli scaffali (ma pure sul lavoro e a casa) e non vedono l'ora di sfogare. È colpa sua se un prezzo è troppo alto, se non hanno trovato il prodotto che cercavano, se la promozione è finita il giorno prima, se la loro carta ha finito il credito, se il carrello è pesante, se hanno dimenticato i sacchetti, se la signora anziana davanti a loro impiega tre minuti di troppo a imbustare la spesa (e comunque noi eravamo addestrate ad aiutare chi era da solo), se il supermercato chiude alle 22 e loro sono entrati alle 21.55 e devono fare la spesa di corsa, se fuori piove e hanno parcheggiato lontano, se la loro spesa cade dal nastro perché l'hanno accatastata a cazzo, se fa troppo caldo o troppo freddo... è sempre colpa della cassiera! Ricordo con terrore gli orari di punta quando non vedevo la fine della fila di carrelli alla mia cassa e se, per disgrazia, mi scappava la pipì dovevo prima smaltire la coda per poter andare in bagno. Ricordo che a fine turno, quando dovevo pulire la postazione, trovavo i surgelati nascosti nell'espositore delle caramelle, ormai da buttare, perché i clienti sono troppo pigri per rimetterli a posto e se ne fregano dello spreco alimentare. Potrei continuare con gli esempi, ma vi basti sapere che dopo undici ore di cassa in un giorno festivo perdi fiducia nell'umanità e non hai più la forza di sorridere. Se vi domandate come sia diventata misantropa, questo è certamente uno dei motivi di maggior peso, dopo le guerre e il maltrattamento degli animali.
Sono così traumatizzata che ancora a distanza di anni evito i centri commerciali e, se proprio sono costretta da andarci, scelgo gli orari meno affollati, ho un attacco d'ansia ogni volta che varco le porte scorrevoli e non vedo l'ora di uscire. Guardo le cassiere con ammirazione per il loro coraggio, sapendo che ogni cliente va trattato come fosse l'unico e il più importante, mentre ne devi gestire duecento ogni giorno. Chissà perché si vedono pochissimi uomini cassieri, forse non riuscirebbero a sopportare tanto senza far rissa.
Durante il primo lockdown un anno fa, si parlava tanto di chi affrontava il Covid in prima linea negli ospedali, ma io vorrei lodare anche il sacrificio delle cassiere che non hanno mai smesso di lavorare. Facevo la spesa nel mini market sotto casa, mettendomi pazientemente al mio posto in una coda lunga cento metri fino all'ingresso perché la gente pensava che il cibo sarebbe terminato come in tempo di guerra oppure perché fare la spesa era l'unico pretesto per uscire un po' di casa. In quei momenti, ringraziavo il cielo di non essere ancora una cassiera che vedeva oltre le porte quell'interminabile serpentone di clienti incazzati per l'attesa che presto le sarebbero arrivati davanti per sfogarsi. Pensate anche che all'inizio, nei piccoli supermercati come quello, non c'erano le barriere in plexiglass a proteggere le cassiere, era già tanto che avessero la mascherina, ma la gente non si preoccupava per niente di stare a distanza o di tossire nei fazzoletti (cosa che sarebbe buona educazione pure senza la pandemia). E ancora oggi, dopo un anno di raccomandazioni, le sento urlare verso i clienti in coda: "La mascherina per favore!" Manco all'asilo...
Una delle cose che mi è rimasta più impressa del mio viaggio in Australia nel 2010 riguarda proprio le cassiere perché mi ha stupito come fosse abitudine degli australiani salutare e chiedere "Come sta?" quando arrivava il loro turno. E lo facevano tutti, tutti i clienti in coda. Sono rimasta davvero stupefatta di fronte a questa gentilezza, a questo rispetto per chi lavora, perché da noi è già tanto se la gente ti guarda in faccia, vali quanto il banco della frutta secca perché non sei una persona, sei un servizio.
Insomma, era già una guerra prima, adesso con il Covid è anche peggio, quindi vorrei consegnare questo post come una medaglia virtuale alle eroiche cassiere che ogni giorno indossano la divisa del supermercato e affrontano i clienti in prima linea. Siete meravigliose!